Camminata serale del 15 giugno

Gigi al scarpulein

 

Si chiamava Gigi e non saprei dire quale era il suo vero nome

Per tutti era Gigi.

“Al scarpulein” significa il calzolaio, in dialetto modenese.

Aveva il suo negozietto appena fuori casa nostra

Scendevo le scale, uscivo sulla strada e pochi metri sulla sinistra facevo due gradini edentravo da lui.

Mi sedevo lì, di fianco al suo tavolo di lavoro, pieno di martelli, chiodi, colle, scarpe, tomaie ... e guardavo, in silenzio.

Gigi era basso, quasi nano, mi sembra avesse anche una piccola gobba.

Se provo a ricordare ho anche il suono della sua voce nelle orecchie.

Un timbro un po' basso, intercalato da qualche risata sommessa, come se si schernisse di ciò che aveva detto e volesse ironizzare, scusarsi.

Lo ricordo con un grembiule di cuoio marrone che indossava sempre per non sporcarsi e per ripararsi quando doveva tagliare tomaie con taglierine ben affilate

Si appoggiava la tomaia all'altezza dello stomaco poi ... zac ! due o tre colpi

La provava sulla scarpa magari la rifilava e poi iniziava a inchiodare 

Tra le tante cose che mi spingevano, me bambino di 7 -8 anni, a entrare nel suo negozietto c'era senz'altro il momento della scelta dei chiodi.

Ne aveva di tante forme, lunghezze, spessori, dentro a scatoline varie

Guardava, toccava, si sentiva il fruscio dei chiodi tra le sue mani, poi ne prendeva tra le dita un fascetto, alcuni li metteva in bocca e iniziava a battere, fissare, dando colpi ben assestati sul piccolo incudine da tavolo

Anche i martelli mi piacevano, alcuni piccoli, altri più lunghi e grandi ma senz'altro eroattratto da quello a testa larga, che usava quando doveva ribattere, fissare

Era come...il colpo finale

Quando prendeva quel martello il lavoro stava per terminare

Ogni tanto mia nonna mi cercava e tra i vari luoghi passava anche da Gigi: "Ah sei qui!"

Sapeva che era un mio posto.

Da Gigi mi piaceva andare perché ... mi piaceva Gigi.

Lavorava con l'attenzione di chi vuol fare un lavoro ben fatto

Lo guarda, lo soppesa, decide cosa c'è da fare e poi inizia, riprova, termina e guarda soddisfatto rigirandoselo tra le mani.

Tra lui e le scarpe c'era un dialogo silenzioso e segreto

Ogni scarpa meritava una colla, un chiodo, un martello diversi

Forse mi affascinava il mistero della scelta

Come faceva a scegliere tra tutti quegli attrezzi quello adatto a quella scarpa?

Poi l'odore-profumo delle colle, delle resine, delle vernici per scarpe

Entrare in quel bugigattolo era venire avvolti da un mondo con suoi odori, rumori, gestiE io stavo lì, a guardare la pazienza, la ricerca, la passione di Gigi.

Forse è stato Gigi a comunicarmi più di ogni altro il senso del termine "artigiano".

Artigiano, artista nel proprio mestiere.

L'artigiano crea, ascolta, guarda, pensa, prova, cambia, riprova, rifinisce ... e alla fine osserva fiero quel prodotto unico che ha creato, anche se è l'ennesima scarpa del giorno

E' sempre unica.

Una relazione unica con ogni prodotto del proprio mestiere

In ognuno c'è qualcosa di sé e della cosa e quindi qualcosa di diverso.

Come ogni relazione.

Mi ha lasciato il senso, la sensazione della pazienza, della serenità e soddisfazione nel fare il proprio mestiere, umile anche ma reso nobile dal suo affetto per esso

Mi viene in mente quella frase: non è il titolo che nobilita la persona ma se mai la persona che nobilita il titolo.

Io credo di aver imparato un po' della mia nobiltà seduto su di una sedia di paglia, dentro ad una piccola stanza sporchetta e piena di odori, tra il suono del martello che batte i chiodi e le poche frasi che mi venivano rivolte

Credo soprattutto di averla imparata dal modo di essere di Gigi, Gigi al scarpulein, basso, gobetto e timido e così pieno di attenzione e fierezza mentre aveva le sue scarpe tra le mani.

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