Camminata del salice 28 aprile

Percorso :  Rio delle Castagne, Cà Schiavino, Cà Mazzoni, Predale, Rio delle Castagne

Elogio della Cedevolezza: la Leggenda del Salice

 

Shirobei Akiyama era un medico giapponese e praticava le arti marziali.

Soggiornò a lungo in Cina per studiare la medicina tradizionale, le tecniche di rianimazione e le tecniche di combattimento di questo Paese.

Tornato in Giappone non ebbe il successo sperato e si ritirò in meditazione per cento giorni.

Durante una forte nevicata notò che i rami di molti alberi grandi e forti si erano spezzati sotto il peso della neve. Solo un albero aveva resistito. Era il salice. I suoi rami, flessibili, si piegavano lasciando cadere la neve.

Akiyama ebbe quindi l’intuizione che sta alla base della pratica del jujutsu tradizionale, da lui in seguito ideato.

La cedevolezza, la non resistenza, la flessibilità sono anche alla base del judo (che deriva proprio dal jujutsu), dello yoga e del buddismo.

Non opporre resistenza alla realtà dei fatti è anche il principio cardine della mindfulness. Cedevolezza non significa arrendevolezza. Il salice lascia cadere la neve e, liberatosi dal suo peso, torna alla sua forma originale.

Se volesse resistere, sprecherebbe molte energie in una lotta senza speranza (non potrà mai fermare la neve).

Così lo yogi, il judoka, il buddista e il jujutsuka si piegano ma non si spezzano. Si piega il corpo, si piega la mente, e solo allora il praticante può rialzarsi.

Proprio grazie alla pratica di queste discipline ho imparato negli anni a “seguire la corrente”. A lasciarmi trasportare per non affogare. A cavalcare l’onda invece di tentare di fermarla. A piegarmi per non spezzarmi.

 

Tre leggende sul salice piangente

 

Il salice piangente stuzzica da sempre la fantasia dell’uomo che è stato in grado di creare intorno ad esso un’aurea di magia e mistero inventando decine di leggende e favole che ne hanno fatto un albero legato ora al mondo fiabesco, ora alla mitologia, ora alla misticità cristiana. Intorno alla sua origine sono sorte varie favole che appartengono a tutte le epoche e religioni, per questo non è possibile delineare con certezza univoca l’origine leggendaria del salice piangente.

1- Senza dubbio il salice è un albero legato alla simbologia del cristianesimo più ortodosso, infatti esiste una leggenda che narra come questa pianta abbia cambiato il suo aspetto proprio al tempo di Gesù Cristo: mentre Gesù portava la croce, nel momento esatto della passione, esausto ed impossibilitato nel cammino, si accasciò per un attimo ai piedi di un salice che si ergeva sul suo cammino e che, impietosito da tanta sofferenza, incurvò tutti i rami verso il basso proprio per aiutarlo a rialzarsi e sostenerlo con le sue fronde. Quando Gesù riprese il suo cammino, sempre perseguitato dalle fustigazioni dei soldati, il salice rimase con tutte le fronde abbassate e continuò a piangere per sempre.

2- Esiste un’altra leggenda che spiega la attuale fisionomia del salice piangente in una chiave di lettura che si rifà direttamente alla simbologia cattolica e che narra di come il salice, originariamente con i rami protesi verso l’alto, si trovasse in un bel recinto (10 comandamenti) e fosse oggetto delle cure meticolose di un contadino (Dio) che lo annaffiava tutti i giorni. Una volta un serpente (il peccato) andò a fargli visita e cominciò ad istigarlo a lasciare quel recinto in cerca della libertà che esso non aveva mai conosciuto. Il salice, inesperto ed ingenuo, si fece convincere ed abbandonò il recinto andando ad insediarsi laddove il serpente aveva consigliato. Il serpente spese tutto il giorno a ricoprire le radici del salice dicendo di volere il suo bene, ma in realtà lo aveva portato in un posto dove non batteva mai il sole e non scorreva acqua. Ed è così che le fronde ed i rami del salice si abbassarono per sempre ed esso non smise più di piangere.

3- La storia del salice piangente

C’era una volta un allegro ruscello che, dopo essere uscito dal bosco, percorreva un breve tratto di campagna e poi si addentrava in un piccolo villaggio di boscaioli e pastori.

Tra il bosco ed il villaggio, cresceva forte e sano un salice dal fusto eretto e dai rami sottili e dritti, tutti puntati verso il cielo.

Avendo fatto amicizia con il ruscello, trascorreva le sue giornate ascoltando gli aneddoti e le storie divertenti raccontate dalla corrente.

L’albero rideva felice nell’udire tutte quelle storie e l’allegria lo rendeva ogni giorno più forte e robusto.

Era senza alcun dubbio il salice ridente più bello che si fosse mai visto!

Un giorno, un gruppo di boscaioli che si stava dirigendo verso il bosco si fermò ad osservare il salice che li udì dire:

“Parola mia, questo salice è davvero bello! Guarda che rami dritti e flessibili!”

“Si vede che è una pianta sana: è cresciuta proprio bene!”

“Direi che è ormai giunto il momento di tagliarla: ci verranno fuori dei bei mobili.”

Quando gli uomini si allontanarono con le asce in spalla, il salice fu preso da grande paura: come poteva evitare di essere tagliato? Lui non voleva assolutamente diventare un mobile!! Voleva rimanere lì e continuare ad ascoltare i racconti del fiume. Ma come fare? Come??

Il giorno dopo, quando vide i boscaioli uscire dal villaggio, non aveva ancora trovato una soluzione e il ruscello venne in suo aiuto:

“Piangi!”

“Come dici?” chiese il salice che non aveva capito cosa intendesse.

“Mettiti a piangere, piega i tuoi rami e incurva il tronco, così forse ti lasceranno stare.”

Gli uomini si avvicinavano e il salice non si mise a discutere: curvò il tronco verso l’acqua (tentando di allontanarsi dal sentiero) e piegò i suoi bei rami sottili fino a sfiorare la superficie del torrente, quindi assunse l’aria più infelice che poté.

I boscaioli furono molto stupiti nel vedere quel cambiamento improvviso:

“Sarà malato?”

“Sembra sul punto di spezzarsi!”

“Non è certo il caso di tagliarlo adesso: non ne ricaveremmo che legno storto! Aspettiamo e vediamo se guarisce.”

Quando scomparvero nel bosco, il salice si raddrizzò e manifestò tutta la sua gratitudine all’amico ruscello che gli aveva dato quella brillante idea.

I due risero tutto il giorno delle facce che avevano i boscaioli e i rami del salice si alzarono dritti più che mai. Ma quando a sera gli uomini tornarono verso il villaggio, l’albero riprese l’espressione triste e quelli se ne andarono scuotendo la testa.

Da allora, ogni volta che il salice ridente sente avvicinarsi un uomo, che sia un boscaiolo o meno, si mette subito a piangere e prende un’aria triste e abbattuta.

E gli uomini, ancora oggi, si domandano cosa faccia intristire tanto il salice.

 

Per approfondire sul tema della cedevolezza:

https://digilander.libero.it/1111/principio_taoista_della_cedevole.htm

https://www.bushijujitsu.com/single-post/2016/11/10/La-forza-e-la-cedevolezza

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