18 dicembre - Pive in borgata e storie in osteria

LE CIARAMELLE
di Giovanni Pascoli

Udii tra il sonno le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.

Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata ne' suoi tuguri
tutta la buona povera gente.

Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.

Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.

Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;

suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.

 

O ciaramelle degli anni primi,
d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;

che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s'accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.

Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;

sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!

E' una di quelle poesie apparentemente "minori" di Giovanni Pascoli, ma che in realtà è l'eco fedele della profondità del suo mondo interiore, un riandare autobiografico all'infanzia

L'arrivo degli zampognari dai monti, a metà dicembre, era un particolarissimo annuncio sonoro dell'imminente periodo natalizio. Un suono da "organo dei poveri", che Pascoli definisce con termini quanto mai felici: "suono di chiesa, suono di chiostro, suono di casa, suono di culla..."

Nel ricordo del poeta c'è certo nostalgia dell'infanzia, di quegli "anni primi".

A volte si vorrebbe - ma non è possibile - tornare al tempo in cui, bambini e ragazzi, si era felici o si piangeva per cose che in realtà erano "di nulla", in confronto agli eventi e problemi ben più seri dell'età matura, quando ognuno di noi viene messo personalmente di fronte "al vero", quando le domande e la ricerca di un senso del proprio vivere diventa inderogabile ed esige una altrettanto personale risposta. I bambini osservano incantati un simile scenario, nell'età matura l'incanto può trasformarsi in vera "contemplazione", preghiera e anche... qualche lacrima, di quelle lacrime però che come dice Pascoli "sono buone", purificano l'animo e lo dispongono a un ritrovato equilibrio interiore,

NATALE, UN GIORNO

di Hirokazu Ogura

Perché

dappertutto ci sono cosi tanti recinti?

In fondo tutto il mondo e un grande recinto.

Perché

la gente parla lingue diverse?

In fondo tutti diciamo le stesse cose.

Perché

il colore della pelle non e indifferente?

In fondo siamo tutti diversi.

Perché

gli adulti fanno la guerra?

Dio certamente non lo vuole.

Perché

avvelenano la terra?

Abbiamo solo quella.

A Natale - un giorno - gli uomini andranno d’accordo in tutto il mondo.

Allora ci sarà un enorme albero di Natale con milioni di candele.

Ognuno ne terrà una in mano, e nessuno riuscirà a vedere l’enorme albero fino alla punta.

Allora tutti si diranno "Buon Natale!" a Natale, un giorno

La notte di Natale gli animali parlano

 

A mezzanotte in punto le bestie smisero di ruminare e si scambiarono gli auguri. Il bue si slegò e, avvicinatosi all’asino, gli parlò: – Caro amico, sappiamo tutti che due nostri antenati si comportarono utilmente e proficuamente con Gesù deposto nella mangiatoia, scaldandolo con il loro fiato; tuttavia noi discendenti non siamo degnati di alcuna riconoscenza, anzi siamo maltrattati e costretti all’aratro, alla soma, al carro.

Un somaro condusse Gesù, Giuseppe e Maria fino in Egitto; un altro ciuccio, il giorno delle Palme, portò a cavalcioni Gesù per le vie di Gerusalemme. Inoltre, un vitello mio antenato prima si fece ingrassare ben bene e poi si lasciò macellare per fornire braciole e cotolette per le nozze di Canaan, cui Gesù era invitato.

L’asino, abbastanza risentito, rispose: – Caro collega, stai proprio parlando a vanvera. Il Signore Iddio non maltratta noi animali, anzi sta favorendo maggiormente noi somari e voi buoi, elevando il nostro ceto. Da tempo l’Onnipotente sta adeguando la razza asinina e la razza bovina alla stirpe umana, livellando gli uomini intelligenti, i somari asineschi e i buoi con le corna.

Non è evidente, insomma, che diventano sempre più numerosi gli uomini ciucci e sempre più frequenti gli uomini cornuti?

Io, che avevo seguito attentamente tutto il discorso, alla fine dovetti convenire che l’asino aveva proprio ragione.

 Le querce e l’Albero Sacro

Per i  Dakota - popolo delle pianure nord americane  -un essere soprannaturale diede loro gli altari e i Sacri Insegnamenti.

Compresa in questa Alleanza vi era una Sacra Pipa (Canupa) che significa "Due Alberi" (da can: legno, albero e nupa: Due), attraverso la quale viene espresso il rispetto per quel che riguarda le parole Mitakuye Oyasin (siamo

tutti correlati).

Il Creatore ha piantato un Alberto Sacro per tutti noi che viviamo su questa terra.

Sotto questo albero le persone si radunano per trovare la guarigione, il potere, la saggezza e la sicurezza. Le sue radici si sono propagate nella profondità della Madre Terra, i suoi rami sono rivolti verso l'alto in preghiera al Padre Cielo.

I frutti di quest'albero sono le buone cose che il Creatore ha dato agli uomini: gli insegnamenti che mostrano il percorso verso l'amore, la compassione, la generosità, la pazienza, la saggezza, la giustizia, il coraggio, il rispetto, l'umiltà e tanti altri doni meravigliosi.

La vita dell'Albero Sacro è la vita del Popolo degli Uomini.

Se il Popolo degli uomini si allonterà dall'ombra protettiva dell'Albero, se dimenticherà di cercare il nutrimento nei suoi frutti, sarà afflitto da una grande sofferenza. L'uomo inizierà a muovere guerra all'altro uomo per un nonnulla, si dimostrerà incapace di dire la verità e di trattare suo fratello con onestà. A poco a poco l'uomo avvelenerà se stesso e tutto ci ò che tocca.

L'Albero non morirà mai, e fintanto che avrà vita, anche l'uomo vivrà.

Ma – ascolta - è stato predetto che un giorno l'umanità si desterà come da un lungo torpore e cercherà ancora l'Albero Sacro.






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